Il fenomeno migratorio ha assunto, dal secolo scorso, caratteristiche e posizionamenti che tendono a spersonalizzare e rendere “neutro” il soggetto migrante, standardizzando i rispettivi ruoli, maschile e femminile. A causa di questo approccio errato che disperde l’unicità del ruolo della donna migrante, esistono dunque dei “vuoti” di tutela che colpiscono la loro condizione soggettiva, che esprime bisogni e necessità di trattamenti in parte diversi da quelli della comunità maschile. Manca in Italia, salvo poche eccezioni, uno sguardo di genere al fenomeno delle migrazioni e in un’ottica di tutela dei diritti umani, da sempre concepiti come universali e complementari. Analizzare la condizione della donna migrante diventa una “nuova urgenza” per restituirle quella unicità e la possibilità di una tutela differenziata e di un percorso di affermazione oltre le vulnerabilità, che ad oggi risulta carente nel panorama normativo italiano e internazionale, soprattutto alla luce della continua compromissione ed oppressione dei diritti a cui vengono sottoposte.