L'articolo 15, paragrafi 2 e 3, della direttiva 2008/115/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare, l'articolo 9, paragrafi 3 e 5, della direttiva 2013/33/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, recante norme relative all'accoglienza dei richiedenti protezione internazionale, e l'articolo 28, paragrafo 4, del regolamento (UE) n. 604/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l'esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide, in combinato disposto con gli articoli 6 e 47 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, devono essere interpretati nel senso che il controllo, da parte di un'autorità giudiziaria, del rispetto dei presupposti di legittimità, derivanti dal diritto dell'Unione, del trattenimento di un cittadino di un paese terzo deve condurre tale autorità a rilevare d'ufficio, in base agli elementi del fascicolo portati a sua conoscenza, come integrati o chiariti durante il procedimento contraddittorio dinanzi a essa, l'eventuale mancato rispetto di un presupposto di legittimità non dedotto dall'interessato. (Cause riunite C-704/20 e C-39/21).
Il controllo, da parte di un'autorità giudiziaria, del rispetto delle condizioni di legalità in base al diritto dell'Unione del trattenimento, assimilabile a detenzione, di un cittadino di un paese terzo deve indurre tale autorità a sollevare d'ufficio, sulla base degli elementi del fascicolo portato alla sua conoscenza, come integrato o chiarito nel corso del contraddittorio espletato, l'eventuale inosservanza di una condizione di legittimità, sebbene non invocata dall'interessato (Corte giust., grande sezione, cause C-704/20 e C-39/21)»
In materia di immigrazione, il giudice, in sede di convalida del decreto di trattenimento dello straniero raggiunto da provvedimento di espulsione, è tenuto, alla luce di un'interpretazione costituzionalmente orientata dell'art. 14 d.lg. n. 286 del 1998 in relazione all'art. 5, par. 1, Cedu (che consente la detenzione di una persona, a fini di espulsione, a condizione che la procedura sia regolare), a rilevare incidentalmente, per la decisione di sua competenza, la manifesta illegittimità del provvedimento espulsivo, che può consistere anche nella situazione di inespellibilità dello straniero.
In materia di immigrazione, non può essere disposta dal tribunale la proroga del trattenimento di un cittadino straniero presso un centro di identificazione ed espulsione, quando il provvedimento espulsivo che ne costituisce il presupposto sia stato, ancorché indebitamente, sospeso, dal momento che il sindacato giurisdizionale, pur non potendo avere ad oggetto la validità dell'espulsione amministrativa, deve rivolgersi alla verifica dell'esistenza ed efficacia della predetta misura coercitiva. Conformi: Cassazione civile sez. I, 03/07/2020, n.13741; Cassazione civile sez. I, 30/05/2022, n. 17422.
Il sindacato giurisdizionale sul provvedimento di convalida del trattenimento del cittadino straniero non deve essere limitato alla verifica delle condizioni giustificative dell'adozione della misura indicate nell'art. 13, comma 4 bis e 14 comma 1 d.lg. 286 del 1998, nella formulazione attualmente vigente, ma deve essere esteso oltre che all'esistenza ed efficacia del provvedimento espulsivo anche alla verifica della sussistenza di condizioni di manifesta illegittimità del medesimo, in quanto indefettibile presupposto della disposta privazione della libertà personale.
Ordina alla prefettura di Milano, alla Questura di Milano e all’ente gestore del CPR di Milano Via Corelli di consentire la detenzione e l’uso del cellulare di sua proprietà, nei limiti e secondo le modalità stabilite dall’art. 7 del Regolamento Ministeriale 20 ottobre 2014.
Oltre alle argomentazioni in tema di danno all’identità e risarcibilità, la Corte di cassazione afferma che la condizione delle persone trattenute nel C.I.E. di Bari fu effettivamente disumana e degradante e tale da comportare la lesione dei principi solidaristici contenuti nello Statuto cittadino (violazione che la Cassazione afferma essere nella specie «effettivamente e definitivamente accertata»).
Le condizioni di vita all'interno del CIE di Bari-Palese non sono affatto adeguate ad assicurare quel minino di soggiorno/ convivenza dignitosa, tanto che la situazione spesso è degenerata in atti estremi (risse, atti incendiari, atti autolesionistici, ecc.). Non possono negarsi criticità nella gestione del Centro. In spregio ad una corretta forma di rispetto della dignità dei trattenuti, la situazione del Centro prima della sua chiusura sarebbe stata tale da non raggiungere quella "pienezza" di detto rispetto che la legge esige. Proprio sulla base della consulenza tecnica d'ufficio espletata, emerge che il quomodo del trattamento dei trattenuti nel Centro trasmodava nell'illegalità.
Va ribadito che l'istanza di riesame è ammissibile, atteso che in tema di immigrazione, è sempre consentita la domanda di riesame del provvedimento di convalida o di proroga del trattenimento dello straniero presso un Centro di permanenza per i rimpatri (CPR), in conformità all'art. 15, par. 4, direttiva 2008/115/CE (direttamente applicabile nel nostro ordinamento, quale disposizione "self-executing"), senza che abbia rilievo il precedente rigetto di analoga istanza o la mancata impugnazione del provvedimento di convalida o di proroga, non sussistendo in materia il limite del ne bis in idem, poiché le misure in questione hanno natura cautelare e il sindacato giurisdizionale su di esse non è idoneo alla formazione del giudicato, tant’è che le relative statuizioni sono ricorribili per cassazione, ai sensi dell'art. 111 Cost., non per la natura decisoria delle stesse ma perché si tratta di atti che incidono sulla libertà personale (Cass. 24721/2021). Conforme: Cassazione civile, sez. I, 14/09/202, n. 24721.
In presenza di una istanza di riesame del trattenimento, o della sua proroga - che lo straniero ha diritto di presentare in ogni tempo, in forza di quanto previsto dall' art. 15 direttiva n. 2008/115/Ce , norma self-executing direttamente applicabile nell'ordinamento interno, e che può essere esaminata, in difetto di espressa disciplina e tenuto conto delle esigenze di celerità della decisione, nelle forme del rito camerale ex artt. 737 c.p.c. e ss., con le garanzie del diritto di difesa e del contraddittorio previste dalla Costituzione e della normativa sopranazionale - l'udienza di comparizione delle parti può essere evitata con provvedimento adeguatamente motivato, che dia atto della superfluità dell'incombente, alla luce dell'istruttoria già compiuta, ferma restando, in tal caso, la necessaria concessione alle parti di un termine per il deposito di memorie scritte, onde consentire alle stesse la piena esplicazione del contraddittorio.