La direttiva n. 2008/115 non è stata ancora attuata nell'ordinamento italiano e quindi i singoli sono legittimati ad invocare nei confronti dello Stato italiano le disposizioni della direttiva che appaiano, dal punto di vista sostanziale, incondizionate e sufficientemente precise. Gli art. 15 e 16 della direttiva n. 2008/115, che concernono le modalità e condizioni del trattenimento, sono incondizionati e sufficientemente precisi; essi possono, perciò, essere invocati direttamente dalle persone nei confronti dello Stato inadempiente.
In tema di immigrazione, in applicazione del disposto di cui all'art. 15 della Direttiva n. 115/2008/CE del Parlamento Europeo e della sentenza della CGUE del 28 aprile 2011, in causa C-61/11, è sempre consentita la domanda di riesame del provvedimento di trattenimento presso centro CIE da introdurre, in mancanza di apposita disciplina normativa al riguardo, con lo strumento del procedimento camerale ex art. 737 c.p.c., sicché per il principio della concentrazione delle tutele la competenza deve essere riferita al giudice della convalida e delle proroghe da identificarsi nel giudice di pace.
Sulla possibilità di presentare richiesta di riesame in assenza di una espressa previsione legislativa in tale senso, in un contesto giurisprudenziale contrastante sul punto si è di recente espressa la Suprema Corte con la sentenza n. 22932 del 2017, la quale con riferimento all‘art. 15 della Direttiva UE n. 115 del 2008 ha ritenuto che la citata norma seppure non recepita dal nostro ordinamento, costituisca diritto direttamente applicabile in quanto disposizione self- executing: ne discende -secondo la Corte- che seppure non possa parlarsi di "revoca" giurisdizionale della convalida, è pur consentita una domanda giudiziale di riesame del trattenimento dello straniero nel centro e che, mancando una apposita disciplina normativa al riguardo esso possa farsi valere con lo strumento generico del procedimento camerale proponibile ai sensi dell'art. 737 c.p.c e ss. per ottenere un diverso esame dei presupposti del trattenimento alla luce di circostanze di fatto nuove o non considerate nella sede della convalida o delle sue proroghe. Pertanto il ricorso è ammissibile.
Si sottolinea che il giudice investito di tale riesame non è vincolato ai soli motivi espressi nel ricorso, ma deve verificare funditus la sussistenza dei presupposti di legittimità della misura. Ciò in quanto «il procedimento per riesame di misure restrittive della libertà personale sia ordinariamente da intendersi come integralmente devolutivo» e tale interpretazione risulta «l'unica coerente con i principi dettati in materia dalla direttiva 2013/33/UE.
In tema di procedimento per la proroga del trattenimento, ai sensi dell'art. 14 del d.lgs n. 25 del 2008, le garanzie del contraddittorio, consistenti nella partecipazione necessaria del difensore e nell'audizione dell'interessato, trovano applicazione - a pena di nullità del provvedimento che ciò nonostante abbia autorizzato la proroga - senza che sia necessaria la richiesta del trattenuto di essere sentito. (Nella specie, la S.C. ha cassato la decisione della corte territoriale che aveva ritenuto non necessaria la partecipazione dell'interessato all'udienza, in forza del riferimento ad una dichiarazione prefettizia dello stato di quarantena dei moduli abitativi del CPR, causata dall'emergenza Covid-19, erroneamente ritenendo che il trattenuto dovesse esplicitare le ragioni giustificative della sua partecipazione all'udienza, idonee a determinare un diverso esito del procedimento).
In tema di procedimento per la proroga del trattenimento del cittadino straniero presso il CPR, il controllo del giudice sulla non manifesta illegittimità del provvedimento di espulsione o respingimento, che costituisce il presupposto del trattenimento, non comporta che il giudice, solo perché sollecitato dalla difesa, sia tenuto ad acquisire documenti diversi da quelli fondanti la proroga del trattenimento, che la difesa, invece, ha l'onere di produrre, ove ritenuti utili ai fini di dimostrare l'asserita illegittimità del predetto provvedimento.
In tema di espulsione del cittadino straniero, il giudice di pace, in sede di convalida dell'ulteriore proroga del trattenimento in un Centro di permanenza per i rimpatri (CPR), è tenuto a controllare sia i presupposti del trattenimento che quelli dell'espulsione amministrativa: ne consegue che, ove sia stato adottato un ordine di espulsione, ai sensi dell' art. 14 comma 5-ter del d.lgs. n. 286 del 1998 , in assenza di prova in ordine ad un precedente trattenimento o all'esistenza di un nuovo provvedimento di espulsione, la convalida del nuovo trattenimento (fondata sull'inosservanza dell'ordine di allontanamento nel termine di sette giorni) è da ritenersi illegittima.
In tema di espulsione del cittadino straniero, il decreto con il quale il giudice di pace convalidi l'ulteriore proroga del trattenimento in un Centro di permanenza per i rimpatri (CPR) non può limitarsi a richiamare le informative dell'autorità di polizia, senza riprodurne il contenuto e, in particolare, senza spiegare in base a quali concreti elementi sia ritenuta probabile l'identificazione dello straniero, secondo quanto previsto dall' art. 14, comma 5, d.lgs. n. 286 del 1998 , poiché la misura incide su un diritto inviolabile, la cui limitazione è garantita dalla riserva assoluta di legge di cui all' art. 13 Cost., e la motivazione per relationem, pur ammissibile, non può essere totalmente manchevole di ogni indicazione che ne attesti la condivisione da parte del decidente.
In tema di proroga del trattenimento del cittadino straniero presso un Centro di permanenza per i rimpatri (CPR), la modifica dell'art. 14, comma 5, d.lgs. n. 286 del 1998 , operata dalla l. n. 161 del 2014 , ha introdotto una disciplina più rigorosa per la concessione della seconda proroga e di quelle successive, in modo tale da garantire una più stretta osservanza dell'art. 13 Cost., essendo necessario accertare l'esistenza di elementi concreti che consentano di ritenere probabile l'identificazione dello straniero o la necessità di mantenere il trattenimento per organizzare le operazioni di rimpatrio. (Nella specie, la S.C. ha cassato il decreto del giudice di pace che aveva concesso la seconda proroga in base alla sola dimostrazione che l'Amministrazione non era rimasta inerte nel tentativo di acquisire la documentazione occorrente per l'espulsione).
È illegittima la proroga del trattenimento dello straniero presso un Centro di Permanenza per i Rimpatri (C.P.R.) che sia stata disposta sulla base di un'istanza formulata successivamente alla scadenza del termine iniziale, o prorogato, della misura restrittiva. In tal caso, anche qualora il provvedimento con cui fu inizialmente convalidata la misura restrittiva non sia stato tempestivamente impugnato dal destinatario, il provvedimento di proroga va cassato senza rinvio, con conseguente cessazione del trattenimento.